LE CINQUE TERRE E LA SUA STORIA
CINQUE TERRE UN PARADIO TARGATO UNESCO:
Nel 1997 sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio dell’umanità, dal 1998 sono divenute Area marina protetta (Amp) e dal 1999 Parco nazionale delle Cinque Terre, ma da molto prima, cioè da quando sono meta privilegiata dei viaggi culturali, oltre che per scopi naturalistici, le Cinque Terre sono tra i soggetti preferiti da artisti e scrittori di tutto il mondo. Le Cinque Terre non puoi raccontarle se non le hai prima visitate. Serve una sosta non frettolosa per capire di cosa si tratta: un incrocio tra mare, terra (poca) e montagna, dove l’uomo nei secoli è riuscito a dominare la ruvidezza della natura e dove ancora oggi è l’agricoltura a mantenere vivo il paesaggio dando vita a prodotti agricoli irriproducibili altrove. Situate in Liguria, in provincia di La Spezia, ai limiti della Riviera di Levante, le Cinque Terre sono così chiamate perché cinque sono i paesi – tre comuni e due frazioni – che le vanno a comporre: da est a ovest Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso al Mare
UNA STORIA LEGATA AL MARE E ALLA TERRA:
Il nome Cinque Terre venne usato per la prima volta attorno al XV secolo, quando questa zona era sotto il controllo della Repubblica marinara di Genova. Fu in questo periodo che i cindi pino loperfido l’agricoltura eroica della riviera di levante Nei terrazzamenti del Parco nazionale che abbraccia i cinque borghi liguri si coltiva in strisce di terreno sorrette da muretti a secco utilizzando trenini monorotaia utilizzati per i trasporti. Un angolo incontaminato sostenuto dal faticoso e prezioso lavoro dell’uomo que paeselli vennero compresi in un unico toponimo da un funzionario della Repubblica di allora. Ad accomunare questi luoghi sotto un unico nome proprio contribuiscono sia la conformazione geografica e territoriale simile, sia un’economia basata soprattutto sulla piccola pesca e sull’agricoltura, viticoltura in particolare. Le prime notizie di gente giunta a colonizzare questa striscia di territorio si hanno a partire dal X secolo d.C., epoca alla quale si fa risalire il sistema di livellatura del suolo effettuato con la poca terra disponibile accumulata nei terrazzamenti sostenuti dai muretti a secco che tuttora scandiscono il celebre paesaggio delle Cinque Terre; erano tempi inquieti a livello europeo e in questi posti dimenticati da tutti per via della loro asprezza i nuovi coloni trovarono ugualmente il modo di coltivare. Nelle Cinque Terre, quindi, lo sviluppo dell’agricoltura è partito così, conquistando pezzetti di terreno dalle montagne degradanti verso il mare, le stesse che ancora oggi vengono arditamente coltivate. Monti scoscesi (Dante Alighieri ne paragona l’aspro paesaggio alla rupe del Purgatorio), dirupi ai quali si aggrappano le piante della macchia mediterranea, specialmente la vite e l’olivo.
MURETTI A SECCO PROTETTI DALL’ABBANDONO:
I muretti a secco, come fanno parte del Patrimonio riconosciuto dall’Unesco, sono anche nell’immaginario di questi luoghi e rientrano opportunamente in un progetto di protezione del Parco delle Cinque Terre. Presenti da almeno un migliaio di anni in questo angolo della Liguria, sono stati adottati dall’uomo quale ingegnoso espediente per contenere i terreni da coltivare una volta terrazzati. Si parla di oltre 7.000 chilometri di muretti a secco, quasi quanto è lunga la Grande Muraglia Cinese; interessano la fascia costiera fino a un’altezza di 450-500 metri s.l.m., partendo a volte da pochi metri dalla riva, e si dipanano su circa 2.000 ettari di terreni, una cifra inimmaginabile se si pensa che sono stati costruiti a mano, senza utilizzo di malta, composti solo da terra e pietre trovate nelle cave e nei letti dei torrenti che scendono ripidi verso il mare. Si tratta di un’arte che ormai oggi conoscono in pochi, solo i vecchi agricoltori. E proprio sui muretti crescono capperi e fiori selvatici rari, e per questo protetti, gli stessi che nella stagione primaverile fanno esplodere di colori le Cinque Terre. Questa monumentale opera dell’uomo che ha modellato la verticalità dei pendii in un numero enorme di piccoli e minuscoli appezzamenti di terra, chiamati nell’uso dialettale «cia’n», oggi però rischia l’abbandono. Un sistema come questo, se non viene costantemente tenuto in efficienza e sottoposto a continua manutenzione, subisce un rapido degrado, spesso irreversibile. Perciò, per contrastarne il declino, il Parco nazionale delle Cinque Terre ha avviato un progetto per tutelare e conservare questa importante testimonianza paesaggistica, storico-culturale e anche economica. Vengono perciò forniti ai contadini i sassi per il ripristino dei muretti a secco, che tendono a cadere sia per le piogge, sia per l’abbandono della campagna o anche solo per il trascorrere del tempo. Il Parco si fa quindi carico della ricerca, dell’acquisizione e della distribuzione del materiale lapideo adatto per la loro ricostruzione. Queste pietre devono essere funzionali, perché naturalmente gli agricoltori vogliono tenere in ordine i loro terreni, ma anche scelti tra quelli che presentano le caratteristiche delle pietre usate dal Medioevo in poi.